Oltre a creare un danno economico che, come abbiamo visto, è non indifferente anche sulle tasche del privato cittadino, l’inquinamento a livello mondiale è ora sotto accusa anche per il dilagare delle malattie infettive, che nell’ultimo periodo sono state sempre più frequenti.
Non si parla strettamente di Coronavirus, anche se nella nostra mente è ovvio che questo evento epocale sia il più fresco: l’inquinamento avrebbe causato anche l’epidemia di Sars, quella di Ebola e tutte le velocissime diffusioni delle influenze stagionali.
La relazione tra biodiversità ed epidemie
A chi obietta che tutti o quasi questi eventi prendono il via in luoghi remoti del mondo dove le sostanze nocive all’ambiente non sono presenti quanto nelle grandi città, l’ONU, in un rapporto assai dettagliato, controbatte che la diminuzione di biodiversità causata dall’inquinamento rende più facile il salto dei virus da una specie animale all’altra, e da una specie animale all’uomo.
E questo famoso salto è proprio quello che si è verificato tutte le volte che sono scoppiate delle epidemie.
Altro fattore determinante per la diffusione delle malattie è il tasso di inquinamento – particolarmente dell’aria: il Covid a Wuhan si è diffuso così velocemente dopo il contagio iniziale perché la Cina, in particolare, è molto inquinata da gas di scarico ed emissioni industriali.
Se il virus fosse comparso in una nazione meno soggetta a questi problemi, con ogni probabilità avrebbe “marciato” più lentamente, perché avrebbe incontrato persone dai polmoni meno compromessi e sistemi immunitari più robusti.
Ad aggiungere complessità alla situazione già grave, poi, l’aria di ricircolo nelle carlinghe degli aerei di linea, quando milioni di passeggeri viaggiavano da e verso la Cina per il loro capodanno, che ha permesso infezioni ancora più veloci.
Una tempesta perfetta, insomma, quella che si è verificata in quella nazione.
Sempre secondo il rapporto dell’ONU sull’argomento, ricostruire delle “zone cuscinetto” di biodiversità tra centri fortemente antropizzati e natura più o meno incontaminata è, in certe nazioni in particolare, fondamentale per riparare questa falla.
Tuttavia, tale biodiversità non si può ottenere senza diminuire le emissioni velenose – per noi, per gli animali, per le piante – che in questo momento storico ci condannano a epidemie sempre più frequenti e violente. In altre parole, l’umanità si trova davanti a un vero e proprio… cane che si morde la coda.